Il nostro è uno strano Paese ricco di cultura e di storia, come terra di conquista ha sviluppato l'istinto alla sopravvivenza, l'essere stati contesi fra potenze ostili ci ha fatti scettici ed opportunisti, per necessità più che per progetto.
Dopo la guerra ci siamo ritrovati ad essere il marciapiede fra due botteghe contrapposte che sostenevano i rispettivi commessi affinché convincessero i passanti a servirsi di una delle due.
La concorrenza ci ha favorito portandoci, in tre decenni, ad un grado di benessere mai raggiunto, ovviamente nulla era regalato: ogni conquista era per la bottega di fronte una rinuncia, preferibile però al fallimento dell'esercizio.
Nel frattempo l'Europa cambiava: dal confino di Ventotene Rossi e Spinelli (1941-1944) scrissero Il Manifesto per un'Europa libera e unita, poi arrivarono: CECA (1951), EURATOM e CEE (1957), MEC (1968), il serpentone (1972), SME e prime elezione europee (1979), caduta del muro di Berlino (1989), Maastricht (1992), l'euro (1999-2002), Lisbona (2009), MES (2012).
Frattanto le acque si intorbidivano. Piazza Fontana (1969), Gioia Tauro
(1970), Peteano (1972), questura di Milano (1973), Piazza della Loggia e
Italicus (1974), Bologna (1980). Nel mezzo ci si misero anche fascisti e
brigatisti a mantenere il pentolone in ebollizione.
A mano a mano che aumentava l'integrazione, e scoppiavano i botti, i proclami roboanti si stemperavano in politiche "responsabili", i principi morali irrinunciabili cedevano al realismo. I segnali esplosivi ricordavano perentoriamente che eravamo pur sempre un marciapiede, non una bottega.
Una vetrina s'è infranta al cadere del muro ma la commedia è proseguita.
Da qui in poi una sola bottega: i commessi disoccupati han cercato un nuovo impiego, senza ripudiare il primo: formalmente l'obbiettivo era ancora convincere i passanti promettendo benessere e lavoro, ma dovevano dimostrare ai nuovi padroni di essere affidabili... gli esami non finiscono mai... e da qui in poi i transfughi diventano figure patetiche.
Sarà stata la lunga stagione della pacata responsabilità, gli agi ottenuti lontano dalle rigidità ideali, la scarsa propensione a mettere alla prova il proprio coraggio fisico, insomma l'istinto di sopravvivenza, ma mentre i neofiti blateravano di pace e progresso dissimulando la silenziosa ferocia dell'omologazione, altrove si lavorava lucidamente per azzerare i risultati di lotte che erano il riflesso di ben altri scontri.
Oggi l'Europa è ancora li come continente; l'Unione europea è diventata la matrigna integralista che conosciamo; l'euro la frusta che ci sferza.
Oggi i servitori della nostra storia, quelli che hanno servito due padroni, infiacchiti dai loro privilegi non sanno come dirci che sono stati usati: spaventati dai botti, comprati dalle briciole.
Dobbiamo esprimere una nuova classe dirigente libera da servitù pregresse, che riparta dalla contraddizione fra lavoro e capitale; che risponda a chi la elegge; che non abbia da perdere vantaggi e che ci consenta di riconquistare i nostri diritti; abbiamo ancora una Costituzione; una memoria, alcuni; qualche strumento statale formalmente democratico, sempre meno; abbiamo la possibilità di capire cosa ci hanno fatto; abbiamo sempre più fame.
E' stato possibile una volta, si può rifare, non per ammansirci ma perché è l'unico modo per non finire massacrati.
Il giochino si è rotto.
Capirlo dovrebbe essere dovere e piacere di ogni cittadino.
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