Cari tutti,
oggi, vedendo le foto e leggendo i resoconti degli interventi, mi permetto qualche considerazione non autorizzata (non c'ero e chi non c'è ha sempre torto).
La coalizzazione sociale dei vincenti è un bello slogan, rispecchia anche una parte di verità (referendum acqua) ma è teoria: la vittoria in quel caso è stata simbolica e affossata con metodi surrettizi da chi ci governa per conto d'altri.
La difesa della Costituzione è un'estrema trincea, quasi un ritorno ab ovo, della vita democratica di questo Paese, ma non basta: la Carta non è uno strumento formidabile, è solo la registrazione del momento più alto della civiltà politica nazionale; da quando esiste è stata oggetto di forzature striscianti e omissioni bipartisan, certamente accentuatesi nel recente passato. Da quando?
Da quando le regole della civile convivenza sono state sottratte al "contratto sociale" fra cittadini per essere, direi proditoriamente, attribuite ad un'entità superiore e sfuggente: il mercato. Perché proditoriamente? Perché i passi necessari a questo slittamento sono stati felpati e progressivi ma non decisi dalla base elettorale. E' stato un percorso coerente di svuotamento dei meccanismi democratici a vantaggio della visione "aziendale" dello stato: pura contabilità finanziaria a danno dell'interesse sociale. Tanto poi, quando la misura è colma, i guadagni sono stati fatti e, anche se si contano distruzioni e lutti, le ricostruzioni sono PIL.
E la Costituzione? In questo quadro è la vittima, non il baluardo. Se vogliamo invertire il percorso la dobbiamo tenere come riferimento ma il motore dev'essere un altro. Antecedente temporalmente e logicamente.
Il motore dev'essere la riconquista della sovranità popolare (alias democrazia) sui temi economici e sociali, non perché lo afferma la Carta, e basterebbe, ma perché è disumano che l'essere umano conti meno dello spread, che sanità e scuola siano merci, che chi produce lo faccia nell'assenza di un progetto nazionale condiviso, che l'informazione sia veleno.
Dobbiamo ripercorrere a ritroso la strada sin qui fatta, individuare i passi falsi, per noi, e correggerli: verificare, con l'esperienza maturata nell'ultimo quindicennio in Eurozona ma da decenni nella letteratura scientifica economica, la bontà delle decisioni prese; individuare i responsabili della sottrazione di capacità decisionale degli organismi elettivi e allontanarli; rielaborare una politica economica funzionale al benessere sociale, in armonia coi Paesi vicini ma in autonomia.
Quindi ben venga la comune trincea costituzionale, ma il programma è molto più ambizioso.
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