mercoledì 2 ottobre 2013

  Lettera ad un presidente rinato.

  Caro Giorgio, ti chiamo così perché potresti essere il mio babbo, ed è un complimento.
  Nel lontano 1978, il 13 dicembre, facesti alla Camera, come dichiarazione di voto del tuo partito di allora, il PCI, un discorso chiaro e profetico sui danni che il Sistema Monetario Europeo (SME) avrebbe arrecato all'Italia. Le previsioni negative si sono realizzate, in peggio, con l'euro.
  Capisco che da allora tante cose sono cambiate: è finita la guerra fredda col suo corollario di terrorismo (non ho mai creduto che le bombe da piazza Fontana a Bologna le abbiano volute solo dei mentecatti criminali fascisti); è caduta l'URSS lasciando il tuo partito orfano; c'è stata mani pulite con l'opportunità di ereditare un sistema paese da una classe screditata ma attenta agli interessi nazionali (o forse screditata PERCHE' attenta).
  Oggi sei il deus ex machina di questa sgangherata e marcescente Italia, hai come unico obbiettivo il permanere, ad ogni costo, nel sistema di patti leonini che ci strangola e asservisce, quasi che al di fuori dell'Eurozona ci sia il nulla.
  Fuori ci sono l'Inghilterra, la Svezia, la Polonia, la Svizzera, solo per citare quattro Paesi che sono molto diversi fra di loro ma che stanno meglio di noi, Fuori ci sono Paesi sovrani come il Giappone che pur con debito pubblico imponente non conoscono il nostro tasso di disoccupazione (o forse non lo conoscono PERCHE' ce l'hanno).
 Quindi mi domando, come Totò in una famosa
 gag, vediamo dove vuoi arrivare, la differenza è che tu stai sacrificando gli italiani ed io sono italiano.

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