venerdì 29 novembre 2013

LETTERA AL MANIFESTO

  Ieri ho mandato questa lettera al manifesto, me l'hanno pubblicata con una significativa variazione:

  "Condivido il grido di dolore di Burgio per lo straniamento della nostra lingua e della logica sottostante.

  L'esempio portato, il debito pubblico, mi pare esposto superficialmente: certamente questo è lievitato negli anni '80, certamente si è rivelato un colossale trasferimento di ricchezza dallo stato sociale a quello padronale (mi si passi la neolingua), ma lo strumento con cui si è operato, il divorzio fra Tesoro e Banca d'italia (1981), è stato taciuto.

  Eppure quella decisione di Andreatta e Ciampi fu la condanna a morte del Paese come lo vollero i costituenti e l'inizio dell'attuazione del progetto di Eurozona conformata al pensiero liberista di von Hayek.

  P.s.- quando un bel paginone con Keynes e von Hayek a confronto? mario fiorentino"

Ed ora la versione del giornale:

"Basta autonomia di Bankitalia
Condivido il grido di dolore di Burgio
per lo straniamento della nostra lingua
e della logica sottostante.
L’esempio portato, il debito pubblico,
mi pare esposto superficialmente:
certamente questo è lievitato negli
anni ’80, certamente si è rivelato
un colossale trasferimento di ricchezza
dallo stato sociale a quello padronale
(mi si passi la neolingua), ma
lo strumento con cui si è operato, il
divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia
(1981), è stato taciuto. Eppure quella
decisione di Andreatta e Ciampi
fu la condanna a morte del Paese
come lo vollero i costituenti e l’inizio
dell’attuazione del progetto di Eurozona
conformata al pensiero liberista
di von Hayek.
Mario Fiorentino"

  E' saltato il post scriptum, evidentemente Keynes è indigesto!

giovedì 28 novembre 2013

I SOCIALDEMOCRATICI DELL'SPD E L'INTERNAZIONALISMO PROLETARIO.

  Berlusconi non è più senatore. Non mi è mai piaciuto né come politico, né come essere umano, né come piazzista ma non mi pare il caso di eccedere nei festeggiamenti. Andandosene, coi suoi dossier e le sue televisioni, lascia dietro di se diversi bocconi avvelenati e una pletora di miopi entusiasti i quali credono che da ora in poi tutto sarà più lindo e preciso.

  I suoi storici oppositori, e recenti alleati, con chi se la prenderanno ora se dovesse risalire lo spread? Senza la sentina di tutte le infamie chi si assumerà il compito di distruttore della Patria?

  Un'idea ce l'avrei, è talmente ovvia che credo l'abbiano avuta in molti.

  L'economia va male. Con Berlusconi, Monti o Letta non cambia, va male non perché il capo del governo, chiunque sia, è un incapace, ma perché la politica economica dell'Eurozona è sbilanciata a favore delle caratteristiche e degli interessi nordici. Bersani poteva dire che era colpa del satiro, questi poteva dire che era colpa dei comunisti (che tenerezza!), entrambi erano telecomandati da Francoforte.

  Ora cosa cambia? Letta a chi darà la colpa? A Brunetta? Siamo seri!

  Da ora in poi la colpa sarà dei populisti! Chi sono costoro? Quelli che con sgraziati volteggi abbandonano le usate greppie e si avviano sulla promettente strada dell'euroscetticismo in questo dimostrando, se non pudore, almeno furbizia. Prestigiosi (!) leader della destra si stanno interessando alla teoria economica (fino ad ora erano interessati solo all'importo dei contributi) e vanno scoprendo che l'euro è una mostruosità;  i cittadini è un po' che se ne sono accorti "empiricamente"; loro, i prestigiosi leader, non vogliono farsi trovare impreparati e stanno studiando...

  A dire il vero anche altri stanno studiando, a sinistra, sottotraccia, sfidando l'ostilità dei loro gruppuscoli e partitini che continuano a proporre idee e prassi utili un secolo fa ma oggi ridotte a liturgia. Verranno assimilati ai populisti di cui sopra. Poco importa se i tempi, i modi, i programmi non coincidono: -Sei contro l'Europa? Sei il nemico populista!-

  Che fare? L'Europa sarà sempre li a contenerci tutti, l'Unione europea dovrà essere aggiornata per aderire alle necessità di tutti gli europei, l'euro scomparirà perché contrario agli interessi nostri e degli USA (almeno).
Gli unici a cui l'euro fa comodo sono le élite tedesche, le quali campano sullo sfruttamento dell'ex DDR, degli immigrati e dei partner europei, col beneplacito dei "compagni" dell'SPD.
Chi glielo spiega ai leader della nostra "sinistra" che ancora sperano nell'internazionalismo proletario?

domenica 24 novembre 2013

La repubblica borghese e l'1:12.

  Oggi in Svizzera si vota un referendum che chiede che in qualsiasi azienda, pubblica o privata, operante nel Paese la retribuzione minima non sia inferiore al dodicesimo della massima, tutto compreso, denaro e benefit (quando ero giovane io l'FLM chiedeva l'1:20).

  Non mi risulta che la Svizzera sia particolarmente rivoluzionaria, e allora?

  Da buoni borghesi pragmatici stanno capendo che la divaricazione salariale più che uno schiaffo all'egualitarismo è una bischerata economica.

  Se provassimo a mettere l'1:12 anche nel programma della futura forza anticapitalista (che per ora non si vede) alle elezioni europee?

  Dite che non si quaglierebbe tutta la base di tutti i partiti in circolazione?

  In culo ai cialtroni col megastipendio ed ai loro mandanti!

sabato 16 novembre 2013

INGENUI O MASOCHISTI

  Oggi sul manifesto un articolo di Marco Bascetta, che copio qua sotto, spiegava com'è che gli unici che fanno soldi sono i tedeschi e, in conseguenza di ciò, perché Stati Uniti e il resto d'Europa vorrebbero un cambiamento nella loro politica economica.

  Bascetta invocherebbe un po' di conflittualità nei lavoratori tedeschi, ciò porterebbe ad un aumento dei consumi interni, quindi delle importazioni, quindi delle esportazioni di tutti gli altri partner economici che riequilibrerebbero in tal modo le loro bilance commerciali.

  Il ragionamento è corretto, ma chi la convince la tigre a mollare la gazzella che ha azzannato? Il predominio tedesco è sicuramente frutto della perenne ricerca di "spazio vitale" dei nostri settentrionali vicini, ma anche delle opportunità che gli hanno messo a disposizione Mercato unico ed Eurozona ed in particolare il meccanismo dalla moneta unica.

  Quindi è inutile consigliare un cambiamento nei rapporti di forza fra lavoratori e capitalisti tedeschi, siamo noi che dovremmo rifiutare le regole che ci stanno impoverendo.

  In breve: una moneta unica per paesi diversi è un'ingenuità, se uno dei paesi è la Germania è masochismo.



E così non saremmo liberi di vendere
quanto vogliamo e dove vogliamo se
il mercato ci offre l’opportunità? I nostri
imprenditori dovrebbero autocensurare
il proprio successo? La stampa conservatrice
tedesca reagisce stizzosa alle accuse
di Washington per l’eccesso di surplus della
bilancia commerciale di Berlino e alla
pretesa della Commissione europea di
mettere sotto inchiesta questo stesso fenomeno.
Eppure è sotto gli occhi di tutti lo
squilibrio che la competitività tedesca ha
introdotto nell’eurozona dove la moneta
unica impedisce ai paesi più deboli di difendere
il proprio export con il consueto
strumento della svalutazione e dove le imposizioni
delle politiche di austerità precludono
ogni rafforzamento del mercato interno
senza peraltro riuscire a ridurre il debito
pubblico. Nel frattempo i risparmiatori
tedeschi strepitano contro l’erosione delle
proprie rendite finanziarie, prendendosela
con la Bce che abbassa il costo del denaro,
proprio nel tentativo di correggere lo
squilibrio generato dai dogmi economici
di Berlino. E i «saggi» (disgraziatamente
ognuno ha i suoi), che siedono nell’organismo
consultivo del governo federale per
l’economia, bocciano l’introduzione di
quel salario minimo di 8,50 euro orari che
figura tra i punti più controversi della trattativa
tra Spd e Cdu/Csu per la formazione
di una Grande coalizione. Correrebbe il rischio
di «aumentare la disoccupazione».
È ovvio che nessuno potrebbe imporre
una qualche forma di astinenza all’export
tedesco, di cui gli opinionisti liberali vanno
strepitando, se non usscendo dall’alveo
del «libero mercato». Quel che gli Stati uniti
e l’Europa pretenderebbero dalla Germania
è invece un rafforzamento del mercato
interno e dunque un incremento delle importazioni.
A questo punto converrà fare ricorso a
un piccolo, elementare esercizio di critica
dell’economia politica. La competitività tedesca
è stata prodotta da
un contenimento dei salari
e da un ridimensionamento
dello stato sociale. Con
la parola d’ordine di aggredire
la cosìddetta «disoccupazione
volontaria» la Spd
del cancelliere Schroeder
istituì un mercato del lavoro
di infimo ordine sul quale
i beneficiari del sussidio di disoccupazione
sarebbero stati costretti a vendersi. Nello
stesso tempo sindacati e imprenditori
concordavano una dinamica salariale addomesticata
e decisamente modesta. I
margini di profitto così ottenuti dal contenimento
del costo del lavoro consentivano
di investire in tecnologia e innovazione e
di aumentare quindi la produttività del lavoro,
riducendone ulteriormente il costo.
Marx avrebbe detto che il risparmio di capitale
variabile (il lavoro vivo) si trasformava
in capitale costante (impianti). In conseguenza
le merci tedesche sarebbero diventate
ancora più competitive. Come dimostra
il punto di vista dei «saggi», i capitalisti
tedeschi non hanno alcuna intenzione di
attivare una dinamica salariale, la cui assenza
ha garantito loro enormi profitti e
posizioni di mercato. Neanche se a chiederglielo
è il «capitale complessivo» e cioè
l’Fmi, gli Usa e i paesi europei usciti con le
ossa rotte dalla competizione. Il modello
tedesco ( e non solo quello
) si fonda precisamente sul
fatto che il successo economico
non deve tradursi in
maggiore spesa dei cittadini
e dunque in un elevamento
del tenore di vita,
ma nel rilancio dell’accumulazione
su tutti i piani
possibili. I tedeschi sono
stati costretti a vivere «al di sotto dei propri
mezzi». La Germania, del resto, non fa eccezione
al generale processo di concentrazione
della ricchezza nelle mani di pochi e
di protezione ad ogni costo della rendita finanziaria.
Pensare di poter chiedere una
mano al proprio concorrente è dal punto
di vista del capitalista, una amenità. Pensare
poi di chiederglielo rinunciando a parte
del suo potere di ricatto e di controllo sulla
forza lavoro e sullo sfruttamento della cooperazione
sociale è addirittura una aberrazione.
In bocca ai tecnocrati di Bruxelles la
parola solidarietà suona come una moneta
falsa. L’impasse europea consiste essenzialmente
nel fatto di ricercare un equilibrio
basandosi su una dottrina economica
fondata sullo squilibrio. Illusione condivisa
dal negoziato permanente tra stati sovrani
di diverso peso che caratterizza oggi
la vita stentata dell’Unione.
È difficile immaginare una Commissione
europea che reclami la ripresa della lotta
di classe in Germania. Eppure solo una
forte pressione sociale da parte dei lavoratori
tedeschi, dei precari ultrasfruttati e di
una cittadinanza cui vengono progressivamente
sottratti pezzi di stato sociale potrebbe
conseguire quell’ incremento del
mercato interno nella Repubblica federale
che l’Europa e gli Usa desiderano. Indirettamente,
le critiche che mezzo mondo rivolge
al capitale tedesco e alla sovranità
che lo sostiene al tavolo del negoziato europeo,
potrebbero indurre i cittadini tedeschi
a pretendere finalmente quella vita
«all’altezza dei propri mezzi» che il processo
di accumulazione e il gigantesco apparato
ideologico che lo accompagna ha loro
sottratto fino ad oggi. Come sempre, l’alternativa
è quel nazionalismo che, negando o
soffocando le linee di frattura e i conflitti
che attraversano la società, rivolge all’esterno
la propria aggressività. Che si serva dei
Panzer o del surplus commerciale. Coraggio
compagno Schulz chiami il suo paese
alla lotta di classe!

domenica 10 novembre 2013

Qualità ed ammirazione.

  Ho conosciuto qualche tedesco, erano cordiali e colti, senza le durezze teutoniche che a volte gli attribuiscono,  forse non erano campioni rappresentativi...

  Loro peculiarità è il numero e la disciplina, si sentono parte del miglior meccanismo al mondo, votato al successo in nome delle proprie qualità. Loro dicono: siamo i migliori, assomigliateci! Ma può esistere un mondo di primi della classe? E si può diventare intolleranti ed aggressivi in nome delle proprie qualità?

  Successe un secolo fa, avevano bisogno di spazio per espandere le loro potenzialità, finì male. I loro vincitori li caricarono di debiti di guerra, qualcuno consigliò, inascoltato, di non farlo. Ci riprovarono a metà del secolo scorso. Finì ancora peggio: milioni di morti, distruzioni inenarrabili, la dignità umana ridotta in cenere, l'obbediente tecnica prostituita alla potenza. Questa volta i vincitori, forse ricordando i consigli non seguiti la prima volta, gli abbonarono parte dei debiti ma li divisero.

  Dopo più o meno mezzo secolo ci risiamo, sfruttando le opportunità della storia e le loro indubbie qualità stanno rimettendo alle strette il mondo. Il mondo? Si perché il loro fare mette a rischio non solo noi europei, schiacciati dalla loro intraprendenza, ma anche gli altri due grandi poli economici mondiali, l'occidentale e l'orientale; ma loro, soddisfatti, continuano a dire: fate come noi!

  Eppure hanno avuto grandi pensatori, artisti, filosofi, scienziati. Cosa trasforma questi Jekill in Hyde? Cosa scatena la loro espansione oltre il limite dell'altrui libertà? Sarà possibile mitigarne la brutale intelligenza con la convinzione? Forse no, visto come non ricordano le lezioni della storia; ma nemmeno noi le ricordiamo. Forse siamo tutti l'emblema vivente dell'ottusità umana che spinge ad andare oltre senza sapere dove.

  Che fare? Se ogni pochi decenni non vogliamo ricominciare daccapo dalle rovine, bisognerà adottare un qualche sistema di correzione automatico. Ma prima di tutto sarà meglio diffidare delle loro qualità e della nostra ammirazione.

venerdì 8 novembre 2013

Tonino Perna, 8-11-13

  Lettera inviata al manifesto a commento di un articolo di Tonino Perna.

  "Sintetizzando: Perna pensa che quelli ci hanno governato negli ultimi decenni siano degli incapaci che si sono nascosti dietro le sottane europee accettando di attuare politiche antipopolari. E' vero, ma solo in parte. Ascoltando l'intervista di Monti ad una TV americana traspare non l'ignavia di chi si accoda alle direttive supreme ma la convinzione che la crisi si supera "distruggendo la domanda interna", quindi le importazioni; aumentando le esportazioni; aumentando il saldo primario; tutto ciò in una comune politica europea. Dimenticando di aggiungere che questo è ciò che permette ai finanziatori nordici e domestici di galleggiare sul nostro impoverimento (cosa che Prodi sa benissimo) consentendo loro di rientrare dei prestiti al nostro settore privato fatti negli anni di vacche grasse. In soldoni: tagliare i servizi sociali, aumentare le tasse per pagare gli amici (suoi).  C'è qualcosa di profondamente sbagliato in questo modo di ragionare: che la condizione umana non conti nulla, che il controllo dell'inflazione sia più importante della piena occupazione, che la nostra Repubblica fondata sul lavoro sia un vincolo (tutto torna). Fin qui come la vede la destra. Ma la sinistra? Si è accorta del trappolone celato dietro al "più Europa" che serviva solo per "ricollocare" le risorse a favore del turbocapitalismo boccheggiante? Come intende provvedere? Se non lo farà lei (la sinistra) ci penseranno le Le Pen di ogni paese sfruttato, e ciò non mi tranquillizza: vorrei sapere se fra i rimedi "lepenisti" ci saranno anche la limitazione della circolazione dei capitali e l'indicizzazione dei salari, senza i quali la povertà sarà solo gestita da altre mani. mf"


giovedì 7 novembre 2013

I bachi

  C'è chi pensa che visto che la destra sta vincendo in campo economico la "sinistra" deve inseguirla e superarla sullo stesso terreno.

  Dopo 20 anni di Maastricht, solo un mentecatto può affermare che l'economia vada bene e soprattutto vada bene per i milioni di persone che non siano miliardari, possibilmente tedeschi.

  Solo un collaborazionista può sostenere che ci vuole "piùeuropa". Come! Non vi basta?

  Il risultato è che gli anemici nipoti della prima repubblica e figli della seconda (questa non è la terza ma il IV reich) si affannano a ripetere che nessun altro mondo è possibile.

  C'è una qualche differenza, a parte i libri che hanno in casa e di cui magari si vergognano, fra gli esponenti di questa classe dirigente ambidestra che si sostiene a vicenda fingendo di competere?

  L'emblema di tutto ciò è la coppia più bulla del mondo Di Gregorio&Boccia.

  Qualcuno ritiene che dal cilindro della mediocre flessibilità agli interessi del più forte possa uscire un coniglione feroce che sappia battere i pugni sul tavolo europeo (a rischio di far tintinnare le stoviglie alla casabianca)? E dov'è stato fino ad oggi questo fenomeno di dissimulazione? E ce ne potremo fidare?

  E' Renzi, che per sapere chi è deve consultare la sua carta d'identità?

  O Cuperlo, tutto frangia e distintivo?

  Il medico pietoso fa la piaga verminosa, e qui l'unica cosa che si muove sono i bachi.