Da cent'anni siamo un paese riunito, dopo l'ultima guerra d'indipendenza.
In quelle trincee s'è saldata l'Italia dei popoli, è emerso lo stato unitario, da lì sono usciti lacerati gli imperi europei.
Le mancate risposte ai sopravvissuti sono fermentate in nazionalismo, autoritarismo, fascismo: la patria fu vista non come casa comune ma come esaltazione di forza, un impero vecchio di millenni ne divenne il mito fondativo; aggressività, sopravvalutazione della propria forza, scarsa lungimiranza conseguirono.
Dopo trent'anni altro sangue, detriti, dolore. Da perdenti ci siamo conquistati un briciolo di credibilità mettendo in campo altri morti e disperazione ma soprattutto ci ha favorito l'essere uno stato di frontiera: vetrina luccicante in faccia alla cortina di ferro. Tuttavia riuscimmo a capitalizzare i vantaggi e a minimizzare i vincoli: il paese veniva prima delle fazioni.
Poi il mondo è cambiato (ma non cambia sempre?), conveniva che il paese venisse incastrato in un puzzle scombinato, alcune fazioni riottose furono spazzate via, una assurse a garante del nuovo progetto in collaborazione con un ceto industriale vendicativo e miope. Chi capiva i pericoli di una colonizzazione strisciante travestita da collaborazione venne zittito e ridicolizzato: il progetto era funzionale ad interessi superiori e noi avevamo perso la guerra, inoltre eravamo diventati la quarta potenza industriale e le nostre ricchezze facevano gola.
Ora siamo l'ottava potenza, abbiamo perso un quarto della nostra struttura industriale, il nostro capitale più prestigioso, i gioielli di famiglia, il Made in Italy, è stato arraffato da mani rapaci, la nostra Costituzione è disattesa nei fatti (L'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro.). Dipendiamo dalla convenienza dei creditori: sopravviviamo per nutrirli, trascurando i nostri figli, precari, disoccupati o emigrati... ma qualcosa cambia (non cambia sempre?).
Il nostro padre padrone, fonte di leggi non scritte, costumi e consumi, ha cambiato priorità, il nemico è pur sempre la Russia ma la Cina di più: il centro del mondo è scivolato via dall'Atlantico assestandosi nel Pacifico, qualche vecchio nemico vinto e trasformato in alleato strategico si è rivelato un esoso profittatore, nuove pedine presidiano gli interessi imperiali.
In questa situazione che cambia la nostra Europa da fonte di cultura, diritto, bellezza e ricchezza s'è ridotta a cortile (backyard) litigioso e disarmonico in cui crescono gli egoismi ma anche la comprensione di un decadimento non voluto dal destino cinico e baro ma da interessi concreti e inconfessabili. Noi, nazione giovane e "ingenua", stiamo capendo che ci hanno infilato nel puzzle a forza, recidendoci gli spigoli.
Questa nuova consapevolezza sarebbe cosa buona e giusta se non dovesse scontare i dolori del parto: chi ha avuto la procura per condurci in questa tonnara ed ha sempre ostentato valori positivi, in etica ed economia, di fatto da qualche decennio ha operato negli interessi "superiori" che ci volevano sconfitti e sfruttati.
Ora gli interessi strategici del grande fratello, ridimensionare i profittatori europeisti, e quelli nostri, liberarci dagli assurdi vincoli impostici, viaggiano in sintonia. Chi se n'è accorto, e ora galleggia sostenuto da più del 60% degli elettori, è la parte politica più improbabile e approssimativa.
Per unire coerenza e utilità sarebbe stato meglio che la fazione che ha sempre professato principi corretti politicamente, a favore del popolo minuto, vi fosse rimasta fedele, purtroppo ha azzardato una scommessa, fatta sulla pelle degli italiani, puntando sui chi sta perdendo nello scacchiere europeo. Ora forse, come paese, vinceremo questa mano ma con giocatori neofiti e sgraditi... a chi? A chi ha perso la partita precedente, a chi si crogiola in teoremi immutabili, che poi mutano, a chi guadagna fior di quattrini dalla nostra subordinazione.
Quindi quelli brutti e cattivi rischiano di liberarci dal IV Reich per conto degli Yankee, quelli buoni e colti hanno perso gli strumenti di analisi, i contatti col loro popolo... e un'occasione.
Come finirà?
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