Leggo accorati interventi a favore dell'immigrazione.
Il sentimento diffuso è la solidarietà per chi è disagiato.
Gli estensori mostrano umanitarismo catto-sinistrista: stanno male,
siamo parte della stessa umanità, siamo più ricchi di loro, dobbiamo
condividere ciò che abbiamo.
Però manifestano anche qualche lacuna economica, sociologica, storica.
Cominciamo con l'economia, tutto cominciò con la liberalizzazione della
circolazione dei capitali, delle merci e delle persone. Che
figata: posso andare a Lisbona per il weekend senza restrizioni!
Caspita! Al ritorno la ditta ha chiuso e si è trasferita in Romania;
potrei fare l'imbianchino come quando studiavo, per arrotondare, ma un
africano imbianca a metà prezzo e non ci campo, d'altronde l'africano è
scappato dalla fame conseguente all'esproprio del suo campicello ad
opera di una qualche entità economica sovranazionale, magari la stessa
che mi dava da lavorare qui...
Integrare un immigrato fra cento
autoctoni volenterosi è semplice, integrarne mille fra centomila diventa
un ghetto: la quantità è qualità e qui siamo alla sociologia.
Se
avessimo più memoria o quel giorno fossimo stati in classe ci
ricorderemmo dei Goti e di Adrianopoli: le immigrazioni o le gestiamo o
ci travolgono; e anche la storia è servita.
Vi pare drastico?
Quando non esisteremo più come consesso civile perché incattiviti ci
guarderemo in cagnesco odiando chi sta meglio perché sta meglio e chi
sta peggio perché ci toglie qualcosa pensate che vorremo ancora aiutare
qualcuno?
Intanto la solita entità economica starà estraendo tutto
il valore possibile dal nostro povero lavoro e da quello del povero
africano.
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