domenica 23 dicembre 2018

Parlamento esautorato.

Stiamo vivendo una grave degenerazione nella repubblica democratica fondata sul lavoro, la nostra, ma non da ora.
Da sempre le decisioni strategiche sono ovunque prese da élite: religiose, militari o economiche, salvo eccezioni effimere; nel dopoguerra, dopo il disastro, si sono tentate strade diverse portando le decisioni alla portata di cittadini non più sudditi. Ma il pensiero unico, mai domo, spogliatosi dell'esteriorità religioso-militare ha continuato a pianificare "al riparo dal processo elettorale" (googlare) continuando la prassi millenaria delle case regnanti: il governo teocratico (per grazia di dio) è diventato finanzocratico (perché controlla i quattrini). Da qui i raduni annuali, riservati ed elitari, dei vari think tank liberali e globalisti: sono i convivi dei nuovi re del mondo.
Torniamo a noi. Finito il periodo "costituzionale del 48" il trasferimento di poteri dal parlamento a decisori opachi ha causato il peggioramento delle condizioni dei cittadini esautorati e l'aumento degli utili dei suddetti re. L'opacità non è un fenomeno iniziato con l'approvazione dell'ultima finanziaria. Non mi piace un parlamento trasformato in curva da stadio ma non è da ora. Le anime belle che ora si scandalizzano provino a riguardarsi la nostra storia con un minimo di onestà intellettuale: cosa fu il divorzio Tesoro - Bankitalia deciso con due letterine da due servitori dello stato? Visti i risultati, o erano cretini o servivano altri poteri fuori dal parlamento...
Ritorniamo a oggi: la sensazione è che questo governo voglia fare "qualcosa" per allentare la tensione popolare magari senza arrivare al GJ, daltronde noi abbiamo già avuto i forconi ed è meglio anestetizzare che cauterizzare... non può farlo esplicitamente e completamente perché impedito dalle asfissianti regole del IV rech, ecco che allora si introducono provvedimenti che, pur essendo assolutamente insufficienti, appaiano anti euro-pei. Sicuramente in Teutonia pensano che è meglio un uovo in meno ma la gallina ancora nel pollaio, oltretutto in un momento in cui il galletto francese ha cambiato canzone.